martedì 26 aprile 2011

Il Protocollo Gheddafi da applicare alla Siria

Se pare normale attaccare la Libia per sedare le violenze di piazza, perché nessuno chiede lo stesso trattamento per la Siria? Dobbiamo fare a gara di numeri? Credo di non essere abbastanza cinico per ragionare di guerra di questo modo.

Arresti, retate nei quartieri, manifestazioni represse nel sangue. Sono capi d'accusa che il Presidente siriano Bashar al-Asad (figlio di Hafiz al-Asad che ha mantenuto il potere dal 1970 sino alla sua morte nel 2000) condivide con gli amici Gheddafi, Ben Alì e Mubarak. Già spodestati da una marea risorgimentale che non ha confini nazionali, un onda generazionale che rivoluziona e abbatte dal basso le istituzioni più forti. Cioè queste faccie da Ancient Regime. Sultani, colonnelli e figli di sultani.


Gheddafi potrebbe far finire i bombardamenti ridistribuendo i suoi averi, facendo comunque ricca la sua gente. E non perdendo che la metà del suo patrimonio. Queste però sono fantasie da storia ottocentesca. Qui si fa la guerra con i missili pilotati a distanza, si mandano i piloti a pattugliare e a seminare pallottole su ogni "situazione sospetta". Si fa la guerra senza ammettere di farla, dice benissimo Tettamazzi. Persino il ministro della difesa dice che non sono bombardamenti. Ma dall'aereo che lanci volantini come D'Annunzio? Questa noncuranza è terrificante, una droga che gira rapida come la cocaina per le strade. Una droga per conformisti, perciò richiestissima.

Se applicassero il protocollo Gheddafi alla Siria e alle altre situazioni presenti nel medio-oriente si aprirebbe il più grande fonte di guerra della storia. E questo lo sanno tutti, non bisogna per forza stare nel Consiglio di sicurezza dell'ONU per capirlo. Eppure la semplicità con cui ci spiattellano la non-guerra è paranormale, inizio a capire cosa hanno passato gli americani dal 2001 in poi. E spero che non abbia vinto anche da loro questa capacità di parlare delle operazioni di guerra reali come fossero fasi di un videogames.

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